LA PREVENZIONE DELL’ICTUS

22 settembre 2016

INTRODUZIONE

a cura della dr.ssa Milena Bianchi

 

Ictus è un termine latino che significa colpo (in inglese stroke).       

L’ictus è una lesione vascolare causata dall’interruzione del flusso di sangue al cervello dovuta a ostruzione o a rottura di un’arteria. Quando un’arteria nel cervello scoppia o si ostruisce, fermando o interrompendo il flusso di sangue, i neuroni, privati dell’ossigeno e dei nutrimenti necessari anche solo per pochi minuti, cominciano a morire.

Come un attacco di cuore, l’ictus può colpire improvvisamente, spesso senza preavviso e senza dolore. La caratteristica principale del disturbo è la sua improvvisa insorgenza: una persona in pieno benessere può accusare, di colpo, sintomi tipici che possono essere transitori, restare costanti o anche peggiorare nelle ore successive.

L’ictus cerebrale in Italia rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie ed è la prima causa assoluta di disabilità. Rappresenta, la seconda forma più comune di demenza e si verifica maggiormente nella popolazione anziana.

La demenza vascolare è causata dalla presenza di lesioni cerebrali multiple di origine circolatoria.  I sintomi possono manifestarsi sotto forma di perdite progressive della memoria, confusione e altri segni neurologici.

Ogni anno si calcola che in Italia si verifichino oltre 200.000 nuovi casi di ictus.

Ogni anno un medico di famiglia italiano ha almeno 4-7 pazienti che vengono colpiti dalla malattia e deve seguirne almeno una ventina sopravvissuti con esiti più o meno invalidanti.

Il 20% delle persone colpite da ictus cerebrale per la prima volta muore entro un mese; un altro 10% entro il primo anno. Fra le restanti, circa 1/3 sopravvive con un grado di disabilità spesso elevato, tanto da renderle non autonome, 1/3 circa presenta un grado di disabilità lieve o moderata che gli permette spesso di tornare al proprio domicilio in modo parzialmente autonomo e 1/3, coloro che sono stati colpiti da un ictus in forma lieve, tornano autonomi al domicilio.

Coloro che sopravvivono con una disabilità importante spesso richiedono l’istituzionalizzazione in reparti di lungodegenza o in residenze sanitarie assistenziali; alcune famiglie si organizzano per ospitare il parente ancora a domicilio, spesso con il supporto di un assistente/badante.

I costi sia a carico delle famiglie che del sistema sanitario nazionale sono elevatissimi.

Si calcola che una persona colpita da ictus costi nella fase acuta della malattia circa 10.000 euro, mentre l’invalidità permanente di chi supera la fase acuta determina negli anni successivi una spesa che si può stimare intorno ai 100.000 euro. Sotto l’aspetto psicologico, personale e familiare poi, i costi non sono calcolabili: per tutti questi motivi, l’ictus rappresenta un vero e proprio problema sociale.

Il dottor Franco Groppali

Consigliere ed ex-Presidente della cooperativa sociale Il Portico
Presidente di A.L.I.Ce. (Associazione Lotta Ictus Cerebrale) Milano

Aveva lavorato nel settore commerciale “Banche” di una multinazionale americana. Poi ha costituito una software house.

Come scrive quando racconta la sua storia, dice che la sua prima vita si è interrotta a 45 anni, quando è stato colpito dall’ictus, la linea di confine, nel pieno della sua vita professionale.

A quel punto è iniziata la seconda vita, segnata da un periodo di depressione, dalla quale è uscito, ritrovando un lavoro con la cooperativa sociale il Portico, che svolge servizi di pulizia, dapprima come sindaco, poi come presidente fino al 2004.
Oggi è rimasto nel Portico come consigliere
Per raccontare e condividere la sua storia di malattia ha scritto nel 2012 il libro

Il mio ictus, confine di due vite, che tra l’altro è stato presentato in questa sede il 6 marzo 2013, nell’ambito di una serie di incontri sul mondo dell’anziano.

Per preparare questo incontro ho letto su Internet quello che il dottor Groppali scrive a proposito della sua esperienza di vita, e devo dire che mi ha colpito in particolare, come medico, quello che lui definisce come il “Capitolo mancante” al suo libro, che definisce col titolo “Gli stregoni”. In questo capitolo racconta delle sue tre visite ad altrettanti personaggi che operano nel campo della terapia delle malattie, e che promettono salute (il termine è volutamente generico).

Mi ha colpito per la lucidità con la quale lui racconta questi incontri, senza scagliarsi, reazione che mi sarei aspettata, contro i “nessun esito” conseguenza di tali incontri/sedute/trattamenti. E ovviamente contro le persone che si propongono come dispensatori di salute.

Naturalmente il seguito è che mi domando quanto male possono fare queste persone nei confronti di tanti altri che, pur malati della stessa malattia che ha colpito il dottor Groppali, non sono però in grado di guardare con il giusto distacco, e difendersi, da tali stregoni. I quali oltre che sottrarre denaro alle persone malate, sottraggono soprattutto la speranza e la concreta possibilità di ottenere recupero funzionale, come sentiremo poi.

 

 

 

Il dottor Fabio Frediani Direttore Unità Operativa Complessa di Neurologia Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Santi Paolo e Carlo che presenterà l’intervento dal titolo: “I fattori di rischio e le moderne terapie dell’ictus”.

Il dottor Frediani ha svolto la sua attività presso l’Istituto Neurologico Besta, poi presso l’ Ospedale di Magenta, poi presso il Policlinico S. Pietro di Ponte S. Pietro (BG), ed ora come Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia presso l’Azienda Socio-Sanitaria Territoriale santi Paolo e Carlo di Milano, occupandosi di Neurologia, Stroke Unit, e Cefalee

 

 

 

 

Il dr. Carlo Schweiger, Specialista in cardiologia

Dal 1970 al 2007 ha lavorato come cardiologo prima all’ospedale di rho e poi all’ospedale di passirana dove ha ricoperto il ruolo di primario della cardiologia riabilitativa dal 1993

È stato presidente regionale e vice-presidente nazionale dell’associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri

Dal 2007 al 2012 è stato direttore dell’unità cardiovascolare dell’istituto di ricerche cliniche ed epidemiologiche di milano

Dal 2007 svolge la propria attività di cardiologo presso la fondazione restelli e il centro servizi rho

che presenterà l’intervento dal titolo: “Ictus e fibrillazione atriale”

Fibrillazione atriale e ictus

di: Carlo Schweiger

 

La FIBRILLAZIONE ATRIALE (FA) è l’ aritmia cardiaca più comune e la sua prevalenza aumenta con l’ aumentare dell’ età. Considerando che la popolazione è sempre più longeva la prevalenza della FA è destinata a crescere.

La diagnosi certa della FA può essere fatta solo eseguendo un Elettrocardiogramma, tuttavia la sua presenza può essere sospettata in base ad alcuni sintomi

 

La FA puo’ presentarsi all’ inizio come una palpitazione di breve durata, da pochi secondi a qualche ora oppure durare anche qualche giorno in questi casi si parla di FA parossistica. Gli episodi tendono a ripetersi nel tempo e spesso l’ aritmia diventa stabile e viene definita FA permanente

I fattori di rischio della FA, cioè i fattori che predispongono alla sua comparsa sono i seguenti. Ve ne sono alcuni che non dipendono dalla nostra volontà quali lì età e l’ ereditarietà, ma la maggior parte dipendono dal nostro stile di vita e da malattie che possono essere prevenute o almeno tenute sotto controllo come ad esempio l’ ipertensione e la cardiopatia ischemica.

I danni provocati dalla FA sono variabili, da sintomi modesti a malattie molto gravi. L’irregolarità del ritmo e la frequenza spesso elevata peggiorano la qualità di vita riducendo la capacità di fare sforzi. Tuttavia questi sono solo i prodromi di problemi ben più gravi come lo scompenso, il declino cognitivo e soprattutto le embolie.

 

 

L’ embolo è un grumo si sangue (un trombo) che si forma all’ interno dell’ atrio sinistro a seguito dell’ irregolarità della contrazione atriale. Passato nel ventricolo sinistro il trombo viene spinto nelle arterie in varie parti del corpo, provocandone la chiusura improvvisa. Le sedi più comuni di embolia nel caso di FA sono le arterie del cervello a cui consegue un ictus cerebrale. Possono essere anche interessati il rene e gli arti inferiori.

Oggi si stima che tra il 20 e 30% degli ictus sia secondario a FA

Per ridurre significativamente il rischio di questa grave complicanza è necessario iniziare e mantenere nel tempo una

Terapia Anticoagulante Orale (TAO)

Tuttavia questa terapia non è priva di rischi, infatti nei soggetti predisposti, può provocare emorragie sia a livello gastro-intestinale sia a livello cerebrale. Quindi prima di iniziare la TAO il medico deve valutare i rischi e benefici.

 

Bisogna sottolineare che il rischio embolico, nella maggior parte dei pazienti, è superiore al rischio emorragico e che purtroppo attualmente la TAO è sottoutilizzata.

Per facilitare il medico nella scelta sono stati elaborati dei sistemi che in base ad alcune semplici variabili consentono di stimare tanto il rischio embolico quanto il rischio emorragico.

Ad esempio il rischio embolico è aumentato dall’ età, dalla pressione alta, dalla presenza di scompenso o diabete e dal fatto di avere già avuto un precedente ictus.

Alcune di queste variabili come l’età avanzata, la pressione alta e un precedente ictus aumentano anche il rischio emorragico, ma altre come l’ insufficienza renale ed epatica, l’ abuso di alcol e droghe e soprattutto aver già avuto in passato un’ emorragia sono tipici fattori di rischio emorragico.

In rari casi in cui il rischio embolico sia molto basso e il rischio emorragico molto alto è opportuno non iniziare la terapia anticoagulante

In alcuni casi in cui il rischio embolico è molto basso (ad esempio pazienti sotto i 65 anni, senza alcuna malattia cardiovascolare, e senza ipertensione o diabete) si può evitare la TAO anche se il rischio emorragico non è elevato.

Tuttavia nella maggioranza dei casi di FA, specie nelle persone anziane, la bilancia pende a favore della TAO.

I farmaci per la TAO

I farmaci disponibili per effettuare una TAO sino a qualche anno fa erano solo i gli antagonisti della vitamina K (VKA)

Ora sono disponibili dei nuovi farmaci chiamati appunto NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) che producono il loro effetto attraverso un meccanismo diverso, agendo direttamente sui fattori della coagulazione

 

 

I NAO rispetto ai VKA presentano il vantaggio di non richiedere controlli periodici del grado di scoagulazione, di presentare meno interferenze con cibi e farmaci e di essere più efficaci nel ridurre le embolie e anche meno pericolosi nel causare emorragie (specie cerebrali).

In base a queste premesse tutte le Linee Guida attuali danno la preferenza ai NAO rispetto ai VKA salvo che il paziente non sia già in terapia con VKA e con scoagulazione stabile.

E’ doveroso segnalare che i NAO sono molto più costosi dei VKA, e che attualmente sono sottoposti alla stesura di un Piano Terapeutico la cui compilazione è consentita solo alle strutture riconosciute dalla Regione.

Infine nel contesto della FA è stato molto ridimensionato il ruolo dell’ Aspirina, tanto che le ultime Linee Guida europee dell’ Agosto 2016 dicono testualmente “La monoterapia con antiaggreganti per la prevenzione dell’ ictus nei pazienti con FA non è indicata, indipendentemente dal rischio di ictus”